lunedì 8 febbraio 2010

commento al vangelo di domenica 7 febbraio 2010

Quando Gesù parlava le folle si muovevano e l'ascoltavano, infatti è costretto, per la sua incolumità, a spostarsi con la barca dalla riva. Ha bisogno di una barca di un pescatore, neppure troppo contento, infatti questi è di ritorno da una pesca che non aveva portato a niente. Eppure accoglie Gesù nella propria barca, anche se apparentemente fra lui e Gesù c'è molta differenza, uno è tornato da una fatica immane quindi stanco, affamato e scontento, l'altro è un uomo che ha un grande seguito, ispirato e carismatico. Gesù però chiedendo qualcosa al pescatore lo rende di per se importante, si "abbassa" verso di lui, lo rende protagonista della sua "Gloria". Noi ci vantiamo quando diciamo: ho stretto la mano del Papa oppure un calciatore mi ha fatto l'autografo, ho parlato con un attore, sono amico del sindaco ecc... Infatti anche Pietro può dire: è venuto nella mia barca! ma Gesù non solo fa questo, probabilmente Pietro, in una posizione privilegiata, ha potuto ascoltare le parole di Gesù e, quando gli dice di ritornare a pescare fa notare che non sono di ritorno da una pesca infruttuosa e, è solo perchè è lui che gli ha detto di ritornare a pescare che ci ritorna. La sua fiducia non è nelle proprie capacità ma in Gesù, quando la ragione ci dice il contrario siamo pronti a fare uno sforzo che apparentemente sembra inutile. Il miracolo non è di Gesù nel far fare una pesca miracolosa ma è quello di cambiare il cuore di un uomo, convertirlo fino al punto da fargli abbandonare tutto quello che fino a quel momento è più prezioso (il lavoro, le reti, i pesci e poi vedremo anche la moglie). La sua parola è convincente, spinge Pietro e gli altri a tornare a pesca.

Nessun commento: