martedì 2 febbraio 2010

commento al vangelo di domenica 31 01 2010


Gesù per spiegare la scrittura non usa parole difficili, ma indica se stesso come compimento della scrittura. E' normale che i farisei non lo riconoscano come messia, nonostante abbia dato prova a Cafarnao di poter operare miracoli. La gente è invidiosa, vuole un segno, invece di essere felici di averlo nella sua città natale ci sono molte persone che non credono. Addirittura gli rimproverano il suo passato, le sue origini umili, non possono capire che Dio opera in quest'uomo li conosciuto come il figlio del falegname. Quante volte ci stupiamo quando un fratello, un figlio, un genitore ci rimprovera giustamente qualcosa. La verità fa più male se a dirla sono le persone che ci amano, la vediamo come un tradimento, un offesa che va fatta scontare. Gesù insengnando nella sinagoga di nazareth ha rischiato la vita, sapeva che i suoi compaesani non avrebbero compreso. Eppure è andato, è un atto dovuto dire la verità, non si può scappare, dovrà andare a Gerusalemme, sempre per fare la volontà del Padre, per salvare tutti. Se ascoltassimo il Signore quando ci parla saremmo salvi, invece cerchiamo di distruggere la sua parola con il nostro rumore, perchè la sua parola ci accusa delle nostre mancanze che siamo sempre pronti a giustificare. Il nostro monte, l'orgoglio, non può uccidere le Sue parole, ma è sufficiente per allontanarci da Lui, causando la nostra rovina. Preparando agguati a Gesù non facciamo altro che ferirci da soli.

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